L’Associazione Ebenezer Pietra di aiuto nasce nel 2017 a Scandicci, tra i vari progetti, nel 2019 è nato il Progetto Maison d’Abrì Luisa, supportato dalla Fondazione Marchi.

Il Progetto Maison d’Abrì Luisa, Casa di rifugio Luisa, è il proseguimento dell’attività di accoglienza aperta a gennaio 2019 di donne in stato di disagio sociale e psicologico a rischio di violenza e sfruttamento. Luisa è il nome delle prime due donne vittime di femminicidio in Italia nel 2019, uccise entrambe il 9 gennaio 2019.

L’obiettivo è quello di accogliere nella casa colonica dell’Associazione donne in difficoltà, introdurle e seguirle in un processo di ricerca di autonomia sul territorio italiano, costituito da tre fasi. Nella prima fase, le donne vengono accolte in casa e l’obbiettivo è l’ascolto dei bisogni e della loro storia tramite l’attivazione del supporto educativo e, se necessario, psicologico, con la formulazione di un progetto educativo personalizzato. Nella seconda fase l’obbiettivo è quello di promuovere l’empowerment e progettare il futuro attraverso il sostegno psicologico, l’attivazione di percorsi formativi e professionali, la ricerca del lavoro. La donna viene incoraggiata ad una crescita costante e consapevole delle proprie potenzialità ed una corrispondente crescita di autonomia ed assunzione di responsabilità. Nella terza ed ultima fase si ha la ricerca di una soluzione abitativa, anche in cohousing, l’uscita dalla casa e il sostegno psicologico continua con incontri meno frequenti, ma costanti.

Dobbiamo ricordare che le donne, in particolare migranti, che devono lasciare le strutture di accoglienza senza aver completato il proprio processo di autonomia o che vivono in situazioni di precarietà e sono a rischio di sfruttamento e di violenza- così come riporta la ricercatrice Silvia Sansonetti in un importante studio sull’integrazione delle donne rifugiate realizzato per il Parlamento europeo nel 2016 – dimostra come le rifugiate rappresentino il bersaglio perfetto di molte violenze. Infatti, spesso sono vittime di abusi in patria, secondo le stime dell’Oim, e diventano poi vittime di trafficking per lo sfruttamento sessuale in Italia o in altri paesi europei.

Di conseguenza, il raggiungimento del permesso di soggiorno rappresenta un momento cruciale nel quale si determina la possibilità per la donna di proseguire i percorsi di inclusione sociale avviati o, diversamente, si apre il rischio di caduta in situazioni di esclusione. Con l’ottenimento del permesso, infatti, la donna passa dallo status di richiedente asilo, altamente tutelato dalla legislazione italiana, alla condizione di straniero, soggetto ad una legislazione fortemente restrittiva. Così tutto il complesso di tutele che aveva accompagnato la donna nel suo percorso in comunità non esiste più. Essa deve lasciare il luogo dove le è stato offerto vitto, alloggio, sostegno e se non sono stati raggiunti gli obbiettivi minimi per favorire un percorso di integrazione sociale e civile, ecco che molte donne sono sottoposte a grande disagio psicologico e la loro identità rischia di lacerarsi per i traumi vissuti e la frustrazione e l’ansia per il futuro.

Dall’altra parte ci sono delle organizzazioni criminali che usano tutti i mezzi a loro disposizione, fra i quali il ricatto e la violenza fisica e psicologica. Venendo a mancare alloggio e mantenimento, vengono interrotti eventuali percorsi formativi e psicologici iniziati nello SPRAR o nel CAS con grave danno per la donna e per la società che tanto aveva investito per lei.

Questa situazione di fragilità si ha soprattutto se non ci sono figure valide di riferimento sul territorio italiano, con la conseguenza, per la persona, di entrare in una situazione di grande precarietà e di rischio di cadere vittima di abusi e violenze. La violenza psicologica è una delle forme più diffuse di maltrattamento di genere, la donna viene manipolata, subisce abusi verbali, denigrazione, controllo del comportamento, segregazione, intimidazioni. Alla violenza psicologica si accompagna spesso violenza economica, che ha lo scopo di impedire che la donna sia indipendente, non può disporre del proprio denaro e subisce un costante controllo su quanto e come spende. La mancanza di punti di riferimento ha conseguenze devastanti per le donne rifugiate, ecco perché è fondamentale sensibilizzare, informare ed attuare percorsi di aiuto.

Il Progetto Maison d’Abrì Luisa nasce dalla consapevolezza dei bisogni e grazie al supporto della Fondazione Marchi il progetto è stato prolungato fino all’anno appena passato, 2020. Infatti, l’accoglienza, la cura, e l’accompagnamento all’autonomia ed all’integrazione di donne immigrate che spesso hanno subito e sono a rischio di soprusi e violenze richiede risorse economiche e professionali, e attraverso il contributo della Fondazione Carlo Marchi l’Associazione ha dato continuità al progetto iniziato nel 2019.

L’Associazione crede che il Progetto Maison d’Abrì Luisa sia importante e necessario perché, sebbene con piccoli numeri, si propone di promuovere strategie di coesione sociale in un’area interessata da forti fenomeni migratori, dare sostegno al progetto migratorio, favorire l’accesso al lavoro, all’abitazione, ai servizi sociali, contrastare il disagio psichico delle donne immigrati, ed il rischio di sfruttamento.

Nella gallery del nostro sito è possibile vedere alcune testimonianze del Progetto.