Testimonianze degli ospiti
Arbis Saliu
“Sono Arbis Saliu un ragazzo che è stato in una Casa famiglia a Scandicci che si chiama Ebenezer. Sono stato da Ebenezer per 4 anni sono arrivato lì a 17 anni, adolescente. L’inizio non è stato tropo facile però con l’aiuto di educatori ho superato le cose piano piano. Da Ebenezer mi sono trovato molto bene sia con i miei compagni anche con i operatori grazie a loro ho imparato molto velocemente la lingua italiana, poi subito dopo mi sono registrato in un corso di 3 anni di Agricoltura mentre facevo questo corso facevo anche le media serale.
Appena finito il corso ho trovato subito lavoro Grazia alla scuola e operatori che ci stavano sempre affianco a me per ogni cosa.
Ora che ho finito il mio percorso e vivo da solo e anche grazie a loro che mi hanno insegnato tante cose. Eravamo tutti come un grande famiglia GRAZIE EBENEZER”.
O. G.
“Vivere in una comunità è un’esperienza che mi ha insegnato tantissimo e che mi ha aiutato a crescere come persona. Da quando sono arrivato, ho sentito un forte senso di appartenenza e di accoglienza che non è facile trovare altrove. Qui, ogni giorno è una nuova opportunità per imparare, migliorare e contribuire al benessere comune, grazie a un ambiente fatto di sostegno, rispetto reciproco e collaborazione.
Una delle cose che apprezzo di più è la presenza di figure educative, come le educatrici, che ci guidano con attenzione e dedizione. La loro presenza costante e il loro impegno non solo ci aiutano a superare le difficoltà, ma ci stimolano a sviluppare le nostre capacità e a credere in noi stessi. Le attività organizzate quotidianamente sono pensate per coinvolgerci e farci crescere, sia a livello personale che comunitario. Ogni giorno impariamo qualcosa di nuovo, che si tratti di responsabilità, abilità pratiche o come vivere insieme rispettando gli altri.
Un altro aspetto importante della vita in comunità è il senso di unità che si crea tra di noi. Qui non siamo mai soli: ci aiutiamo a vicenda nei momenti di bisogno e condividiamo le gioie e le sfide quotidiane. Questo legame ci rende più forti e ci fa sentire parte di una grande famiglia.
Anche se a volte ci sono difficoltà, le superiamo insieme, imparando l’importanza della pazienza, della comunicazione e del compromesso.
La comunità è un ambiente che promuove la crescita personale e lo sviluppo di valori fondamentali come il rispetto, la responsabilità e l’empatia. Tutto questo ci prepara a diventare adulti più consapevoli, capaci di affrontare il mondo esterno con fiducia e determinazione. Le lezioni che apprendiamo qui non riguardano solo i libri, ma anche la vita quotidiana: come gestire i conflitti, come lavorare in squadra, e come contribuire al benessere di tutti.
In conclusione, vivere in comunità è un’esperienza preziosa che mi sta dando molto. Mi sento fortunato ad avere l’opportunità di crescere in un ambiente così positivo e stimolante. Ringrazio di cuore le persone che ogni giorno si prendono cura di noi e ci guidano nel nostro percorso di vita. Questa comunità è per me una seconda casa, un luogo dove posso essere me stesso, imparare e crescere insieme agli altri”
Piccola storia di un ragazzo minore egiziano
In questa piccola città immersa nella nebbia della routine quotidiana, un ragazzo di 16 anni arrivato dall’Egitto. È un ragazzo dal sorriso timido e dallo sguardo malinconico, un minore straniero non accompagnato che ha intrapreso un viaggio difficile per arrivare lì, in cerca di una vita migliore. I suoi giorni sono una mescolanza di speranza e nostalgia, giorni in cui il passato danza nella sua mente, ricordi di un paese lontano, di amici e familiari che non avrebbe mai dimenticato. Un pomeriggio piovoso, mentre il bus correva lento per le strade della città, questo ragazzo si sedette accanto a una ragazzina . Lei era vivace, con i capelli ricci e un sorriso che sembrava abbellire la giornata grigia. Tra i rumori del bus e le conversazioni sparse, i loro sguardi si incrociarono ed un qualcosa di speciale scoccò nell’aria. Fu un semplice scambio di parole che accese una scintilla: “Ti piace la musica?” le chiese questo ragazzino, e da quel momento in poi, tutto cambiò. Questa ragazzina, con la sua spontaneità e il suo calore, sta divenendo per questo ragazzino un punto di riferimento, l’incarnazione della speranza in un mondo che fino a quel momento gli era sembrato così freddo. Anche nei momenti di difficoltà, quando il peso della sua solitudine sembra insopportabile, sapere che questa ragazzina lo aspetta ogni giorno all’autobus lo rende più forte. Si scambiano pensieri, sogni e piccoli segreti, parlando per ore, dimenticando per un attimo le differenze e le incertezze .In questo panorama, l’associazione Ebenezer 2017 emerge come un faro di luce nella vita di questo ragazzino. Non solo le offre supporto logistico e un percorso formativo che lo aiuta a integrarsi nella società, ma lo guida anche attraverso il tumultuoso viaggio dell’adolescenza. Le educatrici di Ebenezer 2017 hanno compreso il bisogno di fargli conoscere che la vita può riservare gioie autentiche, di là dalla sofferenza. Organizzano eventi e attività che lo coinvolgono, permettendogli di costruire legami e apprendere condividendo momenti di spensieratezza con altri ragazzi . Così, mentre la storia di questo ragazzino si dipana tra sfide e nuove opportunità, anche il suo amore per questa ragazzina si fa più profondo. A volte, sotto un cielo stellato, si scambiavano promesse di eternità, immaginando un futuro in cui l’unità e l’amore trionfavano sulle difficoltà. La loro relazione fiorisce senza fretta, tra risate e confidenze, così come tra paure e condivisi sogni di libertà. Questo ragazzino trova in questa ragazzina non solo un amore giovane e genuino, ma anche una sponda per affrontare la complessità della società che lo circonda. Con il suo sostegno, impara a vedere il suo valore, a non sentirsi più un estraneo, ma parte integrante di qualcosa di più grande. I pregiudizi sembravano più leggeri. La storia di questo ragazzino e ragazzina è una di speranza, di resilienza e di amore che illumina anche i sentieri più bui. È una testimonianza che ogni cuore, anche quello di un giovane rifugiato, può trovare un luogo e una persona dove sentirsi a casa. Un amore semplice, ma potente come une canzone, continua a risuonare in mezzo a tutte le sfide, insegnandoci che, per quanto difficile possa essere il viaggio, ci sono sempre momenti di bellezza e di connessione che possono illuminarlo.
Ebrima e il suo sogno
C’è un ragazzo originario di un piccolo villaggio dell’Africa, che da piccolo nutriva un sogno: diventare un giornalista per raccontare le storie della sua gente e portare alla luce la bellezza e le sfide della sua cultura. Crescendo, iniziò a girare piccoli filmati con il suo telefono, documentando festival, tradizioni e segreti del suo paese. Con ogni intervista, ogni inquadratura, questo giovane minore straniero non accompagnato sentiva di avvicinarsi sempre di più al suo obiettivo. Tuttavia, la vita nel suo villaggio era difficile. Le opportunità erano scarse e la situazione politica si faceva sempre più instabile. Dopo mesi di riflessioni e preparativi, il giovane decise di intraprendere un viaggio avventuroso verso l’Italia, un paese che sognava di visitare e dove sperava di realizzare il suo sogno. Con un cuore colmo di speranza, partì, affrontando il deserto e attraversando il mare in un’imbarcazione logora, rischiando la vita ad ogni onda. Quando finalmente toccò il suolo italiano, il suo cuore batteva forte per la paura e l’emozione. E’ stato accolto dall’ Associazione Ebenezer 2017, un luogo che si prende cura di ragazzi come lui, minorenni non accompagnati e pieni di sogni. Qui, questo giovane ha trovato il calore e l’affetto di educatrici pronte a sostenerlo nel suo percorso di integrazione. Grazie al supporto quotidiano, il ragazzo sta iniziando a studiare con impegno.
Ogni giorno si dedica allo studio della lingua italiana, sapendo che solo così può comunicare e raccontare le storie che ha nel cuore. Le educatrici lo incoraggiano, aiutandolo a comprendere le sfide della grammatica e a costruire il suo vocabolario. Con pazienza, il giovane sta migliorando e coglie ogni occasione per praticare, stringendo amicizie e costruendo una nuova vita. Ma questo ragazzo porta sempre con sé il suo sogno di diventare giornalista. Gli insegnamenti e l’amore dell’Associazione Ebenezer 2017 lo motivano sempre di più. Vuole essere la voce di chi, come lui, ha affrontato il dolore e la speranza. Questo giovane sogna di incontrare un giorno un giornalista professionista che possa aiutarlo nella sua formazione, qualcuno che possa trasmettergli le tecniche e il sapere necessari per raccontare storie con amore e passione.
L’ambizione è forte e ogni giorno che passa aumenta la sua determinazione a non arrendersi. Con il tempo, le sue capacità stanno migliorando sempre di più. Non solo la lingua, ma anche la sua capacità di raccontare e trasmettere emozioni si affinano. Il giovane non è solo un ragazzo che ha attraversato mari e deserti; è un giovane uomo con una missione: fare del giornalismo una voce per i segni del tempo, per le tradizioni, per le ingiustizie. La sua storia è una grande speranza, un inno di coraggio e perseveranza. Il giovane sa che, nonostante le difficoltà, il suo sogno è raggiungibile. La sua storia è solo all’inizio, un viaggio non solo verso un nuovo paese, ma verso un futuro luminoso. Speriamo che tra coloro che leggono queste storie ci sia qualcuno disposto ad aiutarlo nella sua formazione, tramandandogli con amore il mestiere di giornalista… Dopo tutta la sua sofferenza, merita davvero di realizzare questo meraviglioso sogno e di far sentire la sua voce nel mondo.
Arif
Ebenezer per me è come una famiglia, la mia seconda famiglia. Siamo tutti insieme, qui, ognuno si sostiene a vicenda e nessuno resta da solo. Ogni volta che mi sono trovato in difficoltà sapevo di poter trovare una mano che mi sostiene, che mi accompagna nella mia strada.
Un anno fa, volevo lasciare tutto, andarmene, interrompere il corso di pelletteria che stavo facendo, perché avevo bisogno di soldi. Susanna, tutta l’equipe non si è arresa con me, mi hanno fatto capire che il mio futuro era ancora concreto e mi hanno aiutato economicamente per sostentare la mia mamma da lontano.
Se non fosse per loro, non sarei dove sono adesso.
Hlamma